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Perfidi e il Fato artefice di gioghi.
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Letteratura italiana Einaudi
Aleardo Aleardi - Canti scelti
VII
Vittima illustre di perpetui falli
Così da quella estrema
Cima scendea la peccatrice e grande
Madre degli avi miei novellamente
In basso loco. E il vago dïadema
Di perle e di coralli
Franto cadea. Le nobili ghirlande,
Raccolte in dono il dì che venne sposa
A le nozze del mare,
Sperdea, misera Ofelia, a fiore a fiore
Su la via dolorosa:
E come ilota fu respinta fuore
Dal gran convito de le genti avare.
Una schiera di vili anni coperti
Di luttuoso velo,
Cinti di foglie fracide d alloro,
Sotto l ausonio cielo
Passaro lenti a guisa di mortoro,
Ognun recando qualche spenta gloria
In silenzio all avello; e poi che niuna
Più ne restava, sin la lor memoria
Sommersero nell onda dell oblío.
E di tanta fortuna
Solo rimaser la speranza e Dio!...
E l Arcadia trillava. Ahi sciagurati
Fantasimi di vati! E quella, in tanto
Strazio comun, la dolce ora vi parve
Da vaneggiar nei folti
Boschi per Clori e Fillide?  Dei Fati
Scherno crudel fu il vostro canto, o stolti
Fabbri di vacue larve!
E intanto quel gentil popol che corse
Marinaro e guerriero
Sul gemino emispero,
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Letteratura italiana Einaudi
Aleardo Aleardi - Canti scelti
Vedilo là, che asciuga al sol la vela,
Quasi mantel di povero, sdrucita;
E al remo suda inconscio pescadore,
E ignoto vive, e muore
Ignoto, e posa nell umíl sagrato
A la sua chiesa allato,
Dove appendeva all are
Qualche votiva tavola a Maria...
Ave, Stella del mare!
Pei mille templi che da Chioggia a Noto
Ti ergea pregando l Italo devoto;
Per i lumi modesti
Ch ora ei t accende ai dì de la procella;
Per Raffael che ti pingea sì bella;
Tu sì gentil coi mesti,
Fa che la gloria ancor spunti, o Divina,
Sui tre orizzonti de la mia marina.
1855
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Aleardo Aleardi - Canti scelti
RAFFAELLO E LA FORNARINA
IDILLIO
« Ma non potea se non somma bellezza
Accender me, che da lei sola tolgo
A far mie opre eterne lo splendore.
Vidi umil nel tuo volto ogni mia altezza;
Rara ti scelsi, e me tolsi dal volgo;
E fia con l opre eterno anco il mio amore »
M. Buonarroti, Sonetto XXXIX.
Passâr già meglio di trecento aprili,
E cadeva un april, raccomandando
A la feconda carità del maggio
Le morenti vïole e la giuliva
Infanzia de le rose. Il sol dorava
Gli archi del Coliseo, di porporina
Luce innondando, come è suo costume,
La scintillante aura del ciel latino:
E sola un ora gli mancava al vale
Cotidïano, ad occultar la fronte
Dietro l aspra di selve e di vendette
Isola, amor dei vïolenti Corsi:
Itala allora; itala sempre.
Accanto
Al muricciuol d un breve orto riposto,
Tra le spire sedea d una vitalba
Voluttüosa un cavalier; la testa
Gli pendea, per natío vezzo, chinata
Sopra la tenue spalla, quasi cedro
Troppo grave al picciuol che lo sostiene.
Ondoleggiando su le vesti elette
In brune anella gli scendea la chioma
Nitida; e l occhio...oh! chi ridir volesse
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Aleardo Aleardi - Canti scelti
La delicata poesia, la forte
Poesia di quell occhio glorïoso,
Di tutte cose belle innamorato,
Dovrà parlar come si parla in cielo.
Stava qual uom che desïando aspetta
Piacer tardato. E vagabondo intanto
Il suo pensier correa tra le bellezze
De la Natura. Ora guardava al flutto
Del Tevere, che sotto gli fuggía
Frangendosi nei ruderi del ponte
Venerando di Cocle, e nelle nasse
Dei pescadori.  Ora guardava al cielo
Lontan lontano, ove una scura, obliqua
Striscia di pioggia visitar pareva
Il laghetto d Albano, e l azzurrine
Fonti di Nemi, e monumenti e selve,
Che fanno invidia ai nobili giardini
De lo stranier. La brezza che dal monte
Gianicolo movea, non anco resa
Flebile e sacra dal sospiro estremo
D un poeta infelice, al taciturno
Giovin molceva l olivigna fronte;
A lui recando il murmure uniforme
Dei rimoti mulini. Uscía d un tempio,
Tomba divota di donzelle vive,
Un armonía di cantici argentini,
Che innanzi sera modulavan quelle
Paurose del mondo: e t affliggea
Soavemente, quasi fosse un coro
Di martiri che il mesto inno levasse
De suoi dolori.
All improvviso ei parve,
Che la sua mente ristringesse il volo,
Pari a colomba altissima che scenda;
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Letteratura italiana Einaudi
Aleardo Aleardi - Canti scelti
E tutta nel vigor de le pupille
Fosse l anima accolta.
Una fanciulla
Vie più del tiglio flessüosa, e bella
Qual essere dovea da giovinetta
La Venere di Milo, assicurata
Ne la fidanza di non esser vista,
Folleggiando venía per il pometo
Domestico con piè di danzatrice.
Nel lieve corso ella spiccava a caso
Il sommolo dell erbe, e l odorose
Teste dei fiori: un libero favonio
Le avea disciolto il vel trasteverino,
Tal che simíle a Galatea pei golfi
Siculi spinta dai sospir del mare,
Pareva anch ella che vagasse a vela
Sull ondeggiante e folta erba del prato:
E le molli scopría nevi del collo
Intemerato, e il pomo de le spalle
Tinte di giglio. Su l argentee spille,
Fitte al volume de le trecce nere,
Batteva il sol di Roma irradïando
Quella testa fidiaca, ove era impresso
Un sigillo di ciel, da parer cosa
Nell angelica cella immaginata
Dal Fiesolano estatico. Cotanto
D in su la calma de la pura fronte
Si rivelavan le Innocenti idee
Al par che de la tersa onda dei Garda
L alghe e i lapilli puoi notar nel fondo
Tutti ricinti d iridi dorate.
Ella venía dicendo un suo rispetto:
Mesto era il verso, ancorachè gioconda
La cantatrice; e come giunse all orto
Del Tevere, sedette, ivi immergendo
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Letteratura italiana Einaudi
Aleardo Aleardi - Canti scelti
Il piè sottil ne la volubil acqua,
Simile a tremolante ala di cigno
Che festevole guazza. In quel momento
Cantava un capinero in su la cima
D un oleandro; e a lei la giovinezza
Cantava in core.
Lungamente il guardo
Indagator de la beltade affisse
I1 cavaliero in quel novo e gentile
Miracolo: notando la superba
Leggiadria de le forme, e il crine e il labbro
Tumidetto, e le molli ombre e la varia
Ingenuità de le verginee pose,
Ond ei fu vinto. A rotti balzi il core
Batteagli: il fiume, gli alberi, le mura
Gli giravano intorno in andamento
Vertiginoso: gli fería le orecchie
Un indistinto tintinnire, e l alma
Tremolando gli ardea, quasi fiammella
Al vento. Alfin si scosse, e involontario
Gli sfuggí questo accento:« O Fornarina! »
Volse a tal voce rapida la testa,
Ed arrossì la crëatura bella;
Trasse da l onda il piè tutto stillante,
E l ombre lunghe de le nere ciglia
Velarono Il pudor de le sue gote.
Quel silenzio confuso ei ruppe il primo,
E incominciò: « Bel fior trasteverino,
Perchè nell ombra di romite mura
Rimani ad olezzar così racchiuso,
Quasi geranio inavvertito in questa
Perpetua sera de la tua casetta?
Degnissima di luce e dell aperto,
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Letteratura italiana Einaudi
Aleardo Aleardi - Canti scelti
Vuoi tu meco venir nel grazïoso
Mondo a sentirti mille volte il giorno
Dir che sei bella? »
Allor la vereconda:
«Signor, rispose, ho trapiantato anch io
Talor de fiori, e fuor de la lor terra
Tosto appassîro; e mi dicea mia madre,
Che sempre il fior del poveretto è in poco
D ora obblïato in terra di signori ».
« Appréssati, ei riprese; io non t inganno;
Ardo di te. Da lunghi giorni io spio
I tuoi passi, e t ammiro, e non ho pace,
E mi possiede un tedio impazïente
D ogni altra cosa. Oh non temer d oblío!
Tutto che nasce nel mio cor, contiene
Alcun che d immortal. Vuoi tu donarmi, [ Pobierz całość w formacie PDF ]
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